La mattina, gli anziani, la pensilina e il domani
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Due anziani inconsapevoli e naturalissimi nella loro quotidianità, così uguale a sempre e così mutata al tempo stesso; il tutto però filtrato da una patina azzurra che, oltre a determinare una distanza tra spettatore e soggetto, sottolinea con freddezza la nuova prospettiva imposta dalla condizione sanitaria in corso, attraverso la quale concepire i rapporti umani. Pur ammettendo la difficoltà comune e condivisa che, ognuno in misura diversa, si è trovato ad affrontare, credo la categoria degli anziani sia quella che più di tutte le altre abbia sofferto la clausura forzata, la paura, la solitudine e la preoccupazione. La scelta di apporre una lente colorata nasce dalla mia volontà di interpretare la realtà in un’ottica cromatica, una sorta di cromoterapia finalizzata a catturare la realtà soggettiva ed individuale per come sento di percepirla. Ciò che auspico questa foto trasmetta, è il loro e il nostro senso di impotenza, la rassegnazione, l’adattamento docile e fiducioso, la tenerezza che suscitano due anziani, che (senza nulla togliere a volontari, familiari e associazioni che ogni giorno si attivano per assisterli al meglio) finiscono per emarginarsi ed essere emarginati in nome della loro stessa salute, perdendo però la migliore delle medicine: la compagnia.

In un mondo in cui la tecnologia fagocita i rapporti umani e da qualche mese anche un abbraccio fa più paura di un volto occultato, sembra non esserci più molto spazio per sperare nel futuro. 
Gli anziani in foto siamo noi oggi e noi domani, sospesi alla fermata ad aspettare. Quello che allora mi chiedo è: stiamo tutti aspettando un autobus, ma è avanti che vogliamo andare, o indietro?
Anziani
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